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In Basilicata è presente il dialetto galloitalico: ecco in quali paesi

by in4dcen8

In alcuni paesi della Lucania è presente il dialetto galloitalico di Basilicata, che identifica una serie di isole alloglotte (ossia comunità che usano una lingua diversa da quella maggioritaria), composte da comunità in cui sono presenti dialetti con caratteristiche, in particolare dal punto di vista fonetico, di tipo settentrionale.

Per ‘settentrionale’ si intende come appartenenti a parlate della famiglia dei galloitalici, diffusa in particolare nell’Italia settentrionale.

I dialetti galloitalici in Basilicata: i comuni

I dialetti galloitalici risultano presenti in due aree della Basilicata:

sulle alture che sovrastano il golfo di Policastro e, in particolare, a Trecchina, Rivello, Nemoli (in provincia di Potenza) con appendici recentemente individuate nei dialetti di Tortorella e Casaletto Spartano (in provincia di Salerno)

sullo spartiacque ionico-tirrenico lungo la direttrice Napoli-Salerno-Taranto. Si tratta in particolare dei dialetti presenti nei comuni di Picerno, Tito, Pignola, Vaglio (in provincia di Potenza) e della stessa Potenza città, con tracce settentrionali anche a Ruoti, Bella, Avigliano, Cancellara e Trivigno, sempre nella stesa provincia.

Gerhard Rohlfs, il primo che individuò le parlate galloitaliche in Lucania

L’individuazione di questa serie di parlate si deve al filologo Gerhard Rohlfs che, nel 1931, descrive negli Studi linguistici sulla Lucania e sul Cilento la particolarità dei suoni che lui stesso aveva ascoltato nel corso del viaggio effettuato da Salerno a Taranto, in particolare nella zona di Picerno, Tito, Potenza e Vaglio Basilicata:

«… Il viaggiatore che, in uno scompartimento di III classe nel tragitto da Napoli a Taranto, presti attenzione alla conversazione dei contadini che salgono ad ogni stazione, si renderà subito conto che nel primo tratto – se si trascurano variazioni nell’intonazione e differenze locali minime – la base linguistica è sorprendentemente unitaria. Ma subito dopo la profonda valle del platano, dalla stazione di Picerno in poi il quadro cambia. Improvvisamente arrivano all’orecchio del viaggiatore forme foniche che non si adattano assolutamente alla situazione osservata fino a quel momento… E così si continua anche dopo che il treno ha superato le stazioni di Tito e Potenza. Soltanto a partire da Trivigno queste caratteristiche scompaiono e, mentre il treno tra le brulle e selvagge montagne della valle del Basento si dirige verso il golfo di Taranto, ricompare improvvisamente la situazione linguistica che, appena due ore prima, era scomparsa così improvvisamente e in modo così inspiegabile…».

Le origini del dialetto galloitalico in Basilicata

Alcune caratteristiche presenti nella componente settentrionale di questi dialetti e poche tracce documentarie, hanno indotto alcuni studiosi (tra cui Heinrich Lausberg, Max Pfister, Edgar Radtke, Alberto Varvaro) ad associarne l’origine al trasferimento in Basilicata, nel XII secolo, di nuclei di popolazione originaria dell’Italia settentrionale giunti al seguito di signori feudali in epoca normanna (XI-XII secolo) e angioina (XIII secolo).

La zona di origine di questi nuclei sembrerebbe essere ricompresa in un territorio compreso tra il Piemonte meridionale e l’entroterra ligure, anche se diversi indizi portano a spostarla sul settore montano della provincia di Savona.

Questo territorio fu infatti a lungo possesso degli aleramici marchesi di Monferrato, che in epoca normanna ebbero la contea di Policastro in Basilicata. Non si può escludere, in ogni caso, che l’insediamento settentrionale in passato abbia interessato anche altri centri della Basilicata, assorbiti in seguito dalla realtà dialettale circostante.

Colonie e dialetto galloitalico nel resto d’Italia

Situazioni simili a quelle della Basilicata si trovano anche in Sicilia, in particolare tra la provincia di Enna (Nicosia, Sperlinga, Piazza Armerina, Valguarnera Caropepe e Aidone) e la provincia di Messina (San Fratello, Acquedolci, San Piero Patti, Montalbano Elicona, Novara di Sicilia, Fondachelli-Fantina).

I galloitalici presenti in Sicilia si autodefiniscono lombardi e discendono da coloni giunti sull’isola durante la dominazione Normanno-Sveva. I Normanni, che erano imparentati con gli Aleramici del Monferrato grazie al matrimonio di Ruggero d’Altavilla con Adelasia, favorirono la colonizzazione della Sicilia centrale e orientale da parte di popolazioni provenienti dal Basso Piemonte e dall’entroterra ligure in Sicilia allo scopo di contrastare la presenza araba sull’isola.

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